RomAgricola, l’esperienza di Agricoltura Nuova

di Carlo Patacconi

Carlo Patacconi, raccontando l’esperienza di Agricoltura Nuova, raccorda il passato, il presente ed il futuro dell’agricoltura sociale

Carlo Patacconi
Carlo Patacconi, Agricoltura Nuova

Per noi di Agricoltura nuova, ricordare e festeggiare questa bellissima pagina di storia italiana che abbiamo concorso a scrivere, è motivo di orgoglio. Lo facciamo sentendoci impegnati a che quella storia resti aperta a un suo divenire, affidandone gli sviluppi soprattutto alle nuove generazioni.
La strada che abbiamo percorso non è stata semplice, come non è semplice il nostro ‘oggi’ che, per quanto ripaghi la nostra cooperativa con risultati importanti, ci presenta tuttavia i conti da pagare in termini d’impegno e fatica.

Delle tante cooperative che nacquero dall’occupazione delle terre quarant’anni fa, ne sono sopravvissute solo alcune. Spesso si naviga nelle difficoltà, nella precarietà. C’è comunque nel nostro operare quotidiano il segno dell’eredità che ci ha lasciato quegli anni: la volontà di essere bravi, di riuscire, di essere più forti delle difficoltà, giacché avevamo pochi strumenti, per altro vecchi e obsoleti. C’era però tanta voglia di ‘fare insieme’, di mettere a frutto la terra, di costruire orgogliosamente qualcosa di nuovo. La passione che ci animava anticipava la bellissima parola d’ordine lanciata dal movimento giovanile antiliberista mondiale di questo nuovo secolo:· «Un altro mondo è possibile».
Il problema era lavorare il terreno, produrre e por­ tare sul mercato il prodotto che si era ottenuto.
Chi ha vissuto in cooperativa in quegli anni era pervaso, all’inizio, da un grande sconforto . Nonostante gli sforzi per coltivare, la fatica che costava e le difficoltà che, di volta in volta, dove vanno affrontare, il prodotto finito ci appariva non molto bello e ci assillava il dubbio che non fosse sufficientemente presentabile da poter essere immesso sul mercato.
Una volta ottenuta la terra, siamo stati lasciati spesso soli di fronte alle difficoltà che incontrava­ mo, anche se ci sono stati molti esempi di solidarietà (dal primo trattore della cooperativa che abbia­ mo acquistato) appunto grazie alla solidarietà. Tuttavia, per lo più siamo stati lasciati soli e soprattutto ci siamo sentiti soli.
La legge 285, alla quale ci eravamo agganciati per ottenere la terra in gestione, ci dava un’integrazione salariale di 1000 lire al mese per due anni. Una miseria. Noi saremo stati un po’ velleitari, definizione che ci può stare, ma le istituzioni e la legge 285 ci concedevano soltanto queste 1000 lire al mese. Ottenere credito dalle banche era proibitivo. Come potevamo chiedere credito quando non avevamo nulla da dare in garanzia? Questo lo dico per rapportarlo ad alcune incongruenze e insufficienze dell’intervento pubblico in agricoltura al giorno d’oggi.
Altro aspetto critico, è che abbiamo appreso che lo Stato compra terre per costruire un patrimonio